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Prima Pagina è un servizio di Albaria per evidenziare alcuni avvenimenti che corredati da immagini fotografiche potranno essere in seguito pubblicati anche sulla rivista Albaria Magazine

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Da Albaria Magazine n.5 - 1995
L’opinione: di GIOVANNI PITRUZZELLA 

"L'ANNO ZERO DELLA SICILIA"
Sport, Ambiente, Turismo un prinomio che potrebbe rilanciare l'immagine della Sicilia, il liogo adatto per lo sviluppo di un settore che potrebbe offrire lavoro a migliaia di disoccupati!

Le Universiadi si sono chiuse lasciando alle spalle successi sportivi e polemiche politiche, gioia di pubblico ed impianti sportivi ancora incompiuti, e poi in milioni di telespettatori ed in migliaia di atleti l’immagine di una delle terre più belle del mondo insieme alle disastrate condizioni dello stadio della Favorita. Probabilmente per le Universiadi vale la metafora dell’umanità coniata da Voltaire: “É come una bellissima statua in cui pietre preziose e metalli  pregiati sono fusi in maniera inscindibile con metalli insignificanti, volgari e privi di valore, senza che sia possibile separare gli uni dagli altri”. Di fronte a questo risultato è sterile dibattere se le Universiadi sono state un grande successo per l’immagine siciliani nel mondo oppure un clamoroso fallimento. Solo una classe politica incapace di collocare la competizione politica sul terreno del confronto dei grandi programmi e delle scelte strategiche sul destino dell’Isola può perdere il proprio tempo, peraltro profumatamente pagato dai contribuenti siciliani, in simili discettazioni. Piuttosto vale la pena di interrogarci sulle “lezioni” che possiamo trarre da questo evento e sulle indicazioni che se ne possono trarre per valorizzare la Sicilia e le risorse ambientali, umane, economiche che indubbiamente possiede.

In questa prospettiva direi che le Universiadi attestano sia le enormi potenzialità della nostra terra sia le strozzature e gli ostacoli culturali, politici ed istituzionali che non ne consentono un effettivo svolgimento accentuando la distanza che ci separa dalle Regioni più ricche e progredite d’Italia e d’Europa. La Sicilia possiede il 30% di tutti i beni culturali esistenti in Italia (che a sua volta ne possiede il 70% di quelli esistenti nel mondo) e questo - É bene sottolinearlo - in un contesto naturale che si caratterizza per le piacevolezze del clima e la bellezza dei paesaggi che decenni di scandalose politiche urbanistiche non hanno potuto distruggere. Sarebbe perciò l’ambiente adatto per attirare i grandi operatori internazionali del turismo spingendoli a portare in Sicilia, piuttosto che in Tailandia, milioni di visitatori. Ed il turismo potrebbe costituire il propellente per promuovere lo sviluppo di quelle attività manifatturiere che producono i beni consumati dagli stessi turisti (dalle marmellate per la colazione mattutina alla sdraio con cui godere il sole siciliano). Ma la Sicilia, come hanno evidenziato in modo vistoso le Universiadi, possiede anche una risorsa umana che è fatta dall’entusiasmo di migliaia di giovani, dalla loro capacità di impegno che li porta ad ottenere successi in tutti i campi affrontando gli ostacoli posti da una burocrazia ottusa e torpida e supplendo all’assenza di un sistema reale di incentivi per chi è in grado di eccellere. Questo vale in tutti i campi, dalla ricerca scientifica all’iniziativa imprenditoriale, ma è particolarmente evidente nel settore sportivo in cui sono potuti crescere grandi atleti ed anche sodalizi che, sono stati in grado in pochi anni di arrivare ai vertici mondiali sia per le manifestazioni che organizzano sia per le vittorie che ottengono. E sport oggi fa rima con sviluppo economico. Bisogna definitivamente abbandonare l’idea che lo sport sia un settore marginale per l’economia di una regione oppure un settore da trattare con politiche meramente assistenziali per catturare qualche voto. Lo sviluppo di un efficiente “sistema dello sport” può essere una risorsa strategica per l’economia di una Regione, specie se si può combinare con altri fattori quali la disponibilità di un enorme patrimonio di beni culturali ed un clima che consente lo svolgimento di manifestazioni all’aperto per la maggior parte dell’anno. Turismo, sport, beni culturali potrebbero innestare in Sicilia delle grandi sinergie, sia perché alcune infrastrutturazioni (come gli alberghi e gli stessi impianti sportivi) possono servire alle attività che si svolgono in ciascuno dei tre settori citati, sia perché potrebbero avere un effetto moltiplicatore del flusso di visitatori, convogliando differenti tipi di visitatori-clienti della Sicilia (il turismo culturale, il turismo di svago, il pubblico degli sportivi, gli studiosi...).

Il trinomio sport-turismo-ambiente non serve allo sviluppo economico locale solamente per quello che direttamente può offrire alle imprese che operano nel settore, ma è ancora più importante per l’indotto. Si pensi alla nautica da diporto. La nostra Regione per chilometri di costa, per la morfologia della costa che è ricca di possibili approdi in cui ripararsi in caso di maltempo od in cui godere le piacevolezze dell’ambiente, per il clima che rende il mare praticabile per almeno sei mesi all’anno a velisti, pescatori sportivi, ed amanti del classico motoscafo, sarebbe il luogo adatto per lo sviluppo di un settore che potrebbe offrire lavoro a migliaia di siciliani. Il personale di assistenza nei porti turistici, i noleggiatori di charter, gli istruttori sportivi, i negozi dove “fare cambusa” e poi i cantieri per il rimessaggio e le riparazioni delle barche. Si pensi all’enorme flusso economico che la nautica ha determinato in Jugoslavia. Eppure in materia la Sicilia è all’anno zero. Manca del tutto una politica dei porti turistici, così da Capo Gallo a S. Vito il diportista, in caso di bisogno o per mero piacere, non trova un porto accogliente. Non solo. Sarebbe possibile, ad una dirigenza politica culturalmente avveduta e professionalmente competente, stimolare i grandi operatori internazionali dei charter che ogni anno muovono migliaia di persone e di miliardi, offrendo loro condizioni vantaggiose per installarsi in Sicilia. Ma la politica locale si perde nelle sterili imputazioni di colpe reciproche e non inserisce questo genere di tematiche nella sua agenda.

Sport, ambiente, cultura sono risorse strategiche per la Sicilia non solo per quello che direttamente o tramite l’indotto possono determinare in termini di crescita del Pil regionale e di occupazione, ma anche per l’enorme valorizzazione che possono offrire dell’immagine del “prodotto Sicilia” . Oggi, nell’epoca della globalizzazione dell’economia, quando i capitali, le persone e le imprese si spostano con enorme facilità da un paese all’altro (anche da un continente all’altro), e quando, nel bene e nel male, le scelte di centinaia di milioni di persone sono profondamente condizionate dai messaggi e dalle immagini diffuse dal sistema dei media, per vincere nella competizione internazionale non basta offrire buoni prodotti ma è almeno altrettanto necessario offrire una buona immagine. Però negli ultimi trent’anni l’immagine della Sicilia è stata devastata da una politica ignobile. Prima i ladri, i mafiosi, i sindaci che saccheggiavano città bellissime come Palermo nell’impunità; poi il tentativo di strumentalizzare, da parte di tutti (destra, centro, sinistra) questi fatti ignobili per togliere di mezzo, grazie alle polemiche, l’avversario politico di turno. La Sicilia è diventata soltanto sinonimo di malaffare e di corruzione e questa immagine è stata veicolata nel mondo intero. Qualche mese fa a Londra discutevo con un giornalista di un grande settimanale a tiratura mondiale che era stato l’autore di un servizio sulla Sicilia, in cui si parlava solo di mafia, ruberie e criminalità varia. Io osservavo che questi mali devono essere estirpati, che la Procura di Palermo con l’abnegazione di molti magistrati siciliani sta conducendo una lotta efficiente e senza tregue contro la mafia e che comunque in Sicilia c’è dell’altro di cui è pure giusto parlare, ma il brillante giornalista rispondeva dicendomi di conoscere benissimo anche questi altri aspetti della realtà siciliana ed in particolare di essere innamorato di Mondello, tuttavia aggiungeva che queste cose non fanno spettacolo. Ma allora se per diffondere nel mondo anche questa immagine ‘positiva’ della Sicilia c’è bisogno dello spettacolo perché non affidarsi allo sport? Una regata nel golfo di Mondello, una gita a cavallo nei boschi delle Madonie, una discesa dall’Etna con gli sci ai piedi, una gara di sci nautico nel lago di Pergusa, una partita di baseball ad Ustica non sono avvincenti e spettacolari  almeno quanto la narrazione delle gesta passate di qualche pericoloso criminale?

Tutto questo non avviene, e le immense risorse di cui disponiamo sono disperse, per colpa di tutti. Perché molti continuano ad illudersi che si possa vivere senza lavorare alle spalle di “Mamma Regione”, mendicando un impiego pubblico, invece di farsi imprenditori di sé stessi, perché tanti cercano di speculare sui contributi pubblici invece di utilizzarli per creare imprese competitive sui mercati mondiali, perché legioni di presunti imprenditori non amano il rischio e la competizione, perché tutti siamo un po’ rassegnati. É facile vedere che se si hanno delle idee valide e la perseveranza per realizzarle si può riuscire anche in Sicilia, ottenendo risultati di livello mondiale, per giunta divertendosi. C’è bisogno perciò di diffondere la cultura del rischio e della competizione. Non affidiamoci agli altri -la Regione, il Governo, i partiti - per rilanciare l’economia della nostra terra. Cominciamo subito a fare ciascuno la propria parte.

Poi certamente occorre anche una nuova politica ed un nuovo modo di operare delle istituzioni. Su questo terreno le Universiadi ci insegnano almeno tre cose fondamentali. La prima è che esistono delle sfere di attività che dovrebbero essere sottrarre alla polemica politica contingente per trovare tutti uniti nell’interesse della Sicilia. Una buona immagine della Sicilia nel mondo serve a tutti, così come a tutti servono delle istituzioni ben funzionanti. Litigare sotto gli occhi del mondo non credo che gioverà a nessuno così come sono convinto che l’attuale immobilismo della Regione sul terreno della riforma istituzionale, alla fine travolgerà gran parte degli esponenti della classe politica regionale. La seconda considerazione è che ormai è finita l’epoca delle chiacchiere, delle contrapposizioni ideologiche all’ombra di un governo centrale che poi elargiva generosamente le sue risorse ai siciliani permettendo un notevole grado di benessere nell’Isola, nonostante le inefficienze dell’amministrazione. Questo periodo è definitivamente finito. Ora è giunta l’era delle “cose da fare”: il futuro è soltanto nelle nostre mani e dobbiamo chiedere e imporre ai governanti comportamenti veramente funzionali alla crescita economica e civile della Sicilia. La terza considerazione è che senza un’amministrazione regionale e locale profondamente riformata non c’è scampo per la Sicilia. L’Assessore al turismo ha più volte dichiarato che è stato un successo fare le Universiadi con questa amministrazione. Bene. Io lo dico e lo scrivo da tempo che la riforma dell’amministrazione è la precondizione dello sviluppo economico della Sicilia. Allora è giunto il momento che l’Ars esca dal suo granitico immobilismo e ponga mano alla riforma. Infine, c’è da osservare che ognuno deve fare il suo mestiere. L’amministrazione, qualsiasi amministrazione pubblica a qualsiasi latitudine, non è fatta per gestire nei dettagli manifestazioni sportive, eventi culturali o attività economiche. Tutto ciò è fatto molto meglio dai privati professionalmente preparati e responsabili, anche patrimonialmente per quello che fanno. Perciò lasciamo alla Regione il compito di programmare e di decidere le grandi strategie di sviluppo, rimettiamo ai Comuni i poteri di autorizzazione o di fare delle gare imparziali, ma poi serviamoci dei soggetti privati, imprese e professionisti, per realizzare i programmi e gestire l’economia o le manifestazioni sportive.