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Oltre il ragionevole dubbio 
(Il caso Forti)
 
I fatti
Dall'analisi di Lorenzo Matassa

 

In questa vicenda gli accadimenti e le circostanze sono oggetto di contestazione e di diversa interpretazione storica e probatoria.

Si potrebbe argomentare che questo è l’aspetto fisiologico del processo penale, in cui due parti contendono sulla verità di un fatto e, in stretta dipendenza dalla ricostruzione di quella verità, si dichiara la colpevolezza dell’imputato o si accoglie la tesi della sua estraneità.

 

ATTENZIONE mancano i riferimenti a Gery Schiaffo

***

 

Alle 18:00 circa del 16 febbraio 1998, lunedì, nei pressi dell’arenile di Sewer Beach, spiaggia di Virginia Key (una delle numerose isole che fanno da contorno all’area metropolitana di Miami) viene rinvenuto un cadavere.

Il corpo senza vita è nudo e seminascosto tra sabbia e radici di un canale boscoso. A scoprirlo è un surfista, David Suchinsky, che lo segnala a un agente di polizia, Raymond Gonzales, di pattuglia nella zona.

La spiaggia è stata per molto tempo la meta di tanti amanti del windsurf.

L’esame esterno del cadavere, effettuato in seguito all’intervento della polizia di Miami, permette di constatare che due colpi di pistola hanno raggiunto la vittima alla nuca.

Le tracce di trascinamento rilevate sulla spiaggia permettono di affermare, ragionevolmente, che l’uomo è stato colpito da breve distanza mentre rivolgeva lo sguardo al mare, finito con un colpo di grazia a bruciapelo e poi trasportato per i piedi verso la zona boscosa dove è stato spogliato.

Sotto quel corpo – di preciso sotto il collo – la polizia ritrova un guanto sinistro di stoffa.

Oltre a pochi abiti sparsi (uno stivale, una camicia bianca insanguinata) vengono rinvenuti anche una carta telefonica, un amuleto, valuta spagnola, una carta d’imbarco a nome Dale Pike, il fodero di un beeper (ossia un “cercapersone”) e bottiglie di birra.

L’identificazione della vittima avviene il 17 febbraio, mercoledì.

Il cadavere è quello di Anthony “Dale” Pike, cittadino australiano, arrivato a Miami domenica 15 febbraio, con un volo delle linee aeree spagnole Iberia proveniente da Madrid e atterrato a Miami alle 16:25, con più di un’ora di ritardo sull’orario di arrivo previsto.

L’accertamento medico legale determinerà che i proiettili sono calibro .22 e che la morte è avvenuta circa quattro ore dopo l’ingestione dell’ultimo pasto; quindi – con argomentazione logicamente connessa alle modalità di distribuzione dei pasti negli aerei in prossimità dell’atterraggio – circa tre ore dopo l’arrivo a Miami.

Le investigazioni cominciano il loro corso per far luce sull’identificazione della vittima e accertare l’esatto motivo del suo arrivo a Miami.

Dale Pike era il figlio quarantenne di Anthony John Pike, detto “Tony”, cittadino australiano, domiciliato a Ibiza, il quale, da un paio di mesi, soggiornava anche in Florida.

Secondo l’accusa, il motivo del viaggio intrapreso da Dale era discutere di una serie di questioni connesse anche alla cessione da parte del padre del proprio albergo, l’Hotel Pikes, di proprietà per il 5% della società Can-Pep-Tuniet, con sede a Ibiza, e per il 95% di società off-shore con sede nelle isole Jersey.

Tony Pike è un soggetto affetto da sindrome da immunodeficienza, meglio conosciuta come AIDS. Pur se sottoposto a delle appropriate cure, contro lo stesso parere dei responsabili del trattamento sanitario, nel febbraio del 1997 si reca dall’Australia a Ibiza.

Alla fine dell’estate di quello stesso anno si reca a Londra per una visita e le autorità mediche inglesi lo trovano in ottima salute apparentemente in grado di intendere e volere e, comunque, idoneo a svolgere le ordinarie occupazioni di un uomo sano.

Nell’autunno di quello stesso anno, Tony Pike viaggia alla volta della Florida e, a Miami, invitato da una sua vecchia conoscenza: un tedesco di nome Thomas Knott. Quest’ultimo vive in un quartiere elegante (Williams Island, Contea di Dade, Florida), nello stesso edificio in cui abita Enrico Forti, che con Knott è in rapporto di amicizia.

Tra Tony Pike ed Enrico Forti, si instaura un rapporto di frequentazione. In questo contesto Forti viene a sapere dallo stesso Pike di frequenti furti perpetrati da Knott a suo danno durante la sua permanenza ad Ibiza anni prima.

In seguito Pike manifesta l’intenzione di cedere il suo albergo (la gestione necessitava di denaro liquido che arrivò da Forti). Forti si mostra interessato all’affare, ma mette come condizione indiscutibile che Knott non avrebbe avuto parte alcuna nella trattativa e Pike si era pronunciato perfettamente d’accordo. Probabilmente Knott mirava ad entrare nell’affare (o era d'accordo con Pike in quanto era a conoscenza che quest'ultimo non avrebbe potuto vendere l'hotel e stava truffando Forti) poichè sarebbee l’effetto di questa estromissione comprometteva inevitabilmente i rapporti con Forti.

In quel periodo (dicembre 1997 – gennaio 1998) accade un fatto importante: sebbene lo stato mentale di Tony Pike appaia in buone condizioni, l’anziano uomo d’affari cede a Knott una somma stimata in circa quarantacinquemila dollari, malgrado i rapporti tra i due si fossero da tempo deteriorati (?????i rapporti non risultavano deteriorati).

I prelievi avvengono attraverso carte di credito American Express e Visa, che sono nella disponibilità di Pike ma di fatto utilizzate abusivamente anche da Thomas Knott.

La cessione sarà considerata prodotto e profitto del reato di circonvenzione di incapace (exploitation of a disabled). Thomas Knott sarà ritenuto responsabile di quel delitto attraverso un patteggiamento della pena e successivamente – proprio in virtù di questo accordo – si impegnerà alla cooperazione come teste d’accusa in favore dello Stato della Florida contro Chicco Forti.

In quello stesso periodo i rapporti economici tra Forti e Pike non si limitano alle trattative preliminari per l’acquisto dell’albergo, ma si estendono ai conti correnti e ai depositi che l’anziano Pike possiede presso la Lloyd’s Bank di Londra e dell’isola di Jersey.

Il 14 gennaio 1998 Enrico Forti (almeno sulla base degli atti indicati dallo stesso interessato e firmati presso un notaio spagnolo) ottiene da Pike la cessione di tutte le attività e degli interessi economici connessi alla gestione dell’hotel di Ibiza, stabilendo che il corrispettivo economico sarebbe stato pagato in parte in contante e in parte con futuri accrediti a rate.

Sulla base di questa formale negoziazione, il 19 gennaio 1998 Anthony Pike, comunica ai responsabili della Lloyd’s Bank la decisione di chiudere tutti i rapporti economici intrattenuti fino a quel momento per accreditarli proprio in favore di Forti.

Sempre nel mese di gennaio, Forti e Anthony Pike fanno un viaggio a Ibiza. In questa occasione Forti ottiene da Pike la vendita del 5% dell’hotel (la proprietà spagnola rappresentata dalla Can-Pep-Tuniet) con contratto notarile datato 13 gennaio 1998.

Secondo l’accusa due persone dichiareranno che questa circostanza appariva, in sé, assai singolare: il notaio Lèon Pina e il commercialista di Pike, José Serra Torres, rileveranno che il cinque per cento del valore dell’albergo, così come stabilito dalle parti nel contratto, era inferiore all’effettivo valore determinabile sulla base di una stima concreta. In altre parole – e sempre secondo l’accusa – Anthony Pike avrebbe ceduto quella quota per un prezzo più basso.

Torres dirà anche che il modo di agire di Pike, riguardo alla cessione, non avrebbe rispecchiato le sue abituali consuetudini negoziali, dato che di solito Pike aveva sempre chiesto consulenza e assenso tecnico preliminare al suo commercialista.

Comunque né Pina né Torres furono chiamati a deporre al processo.

Dale, figlio di Anthony Pike, arriva a Ibiza proprio nell’ultimo periodo del gennaio 1998, di ritorno dalla Malesia dopo una catastrofica esperienza economica (era stato dichiarato fallito).

Dale aveva lavorato anni prima per il padre, ma il loro rapporto si era deteriorato, fino a interrompersi del tutto per la scarsa capacità del figlio di impegnarsi nel lavoro. Però, alla fine di gennaio 1998, il padre accetta la reintegrazione del figlio e propone a Forti di poterlo impiegare nel ruolo che quest’ultimo già aveva rivestito, ossia quello di addetto alla gestione dell’albergo. Forti non ebbe nulla in contrario, raccomandando solamente che a Dale non fosse data la possibilità di maneggiare denaro contante.

L’accusa avanza l’ipotesi che in questa occasione Dale Pike avesse percepito che qualcosa, nei rapporti d’affari del padre, non procedesse nel modo più ragionevole o conveniente per la famiglia e che l’incapacità mentale del genitore, acuendosi, avesse peggiorato l’attitudine a gestire l’ordinaria amministrazione economica.

Il 10 febbraio 1998 Dale Pike scopre che il padre ha spedito ai Lloyds di Londra un fax per disporre la cessione dei conti a Forti.

Paul Steinberg, avvocato civile di Forti, testimonierà che quel documento era stato redatto per bloccare il pagamento di settantacinquemila dollari in assegni dati a Knott da Pike ed altri prelievi tentati dallo stesso, usando le carte di credito dell’albergatore in modo fraudolento.

Dale, comunque preoccupato per gli effetti di quella lettera, decide di inviarla all’altro fratello, Bradley (residente in Australia), per discutere le misure da adottare.

Per far fronte alla situazione, Dale Pike si fa rilasciare dal padre una procura gestoria “di rappresentanza personale”, relativa agli affari dell’albergo. L’atto viene formalizzato il 13 febbraio dello stesso anno.

Dopo questa data e fino al 18 febbraio, giorno in cui si recherà a New York e verrà messo a conoscenza della morte del figlio, Anthony Pike rimarrà a Ibiza, mentre in un primo momento aveva programmato di recarsi a Miami in compagnia del figlio domenica 15 febbraio.  

A proposito dell’organizzazione della permanenza di Dale durante questo soggiorno, tra gli interlocutori si conviene che Enrico Forti lo avrebbe prelevato all’aeroporto e che l’ospite sarebbe stato accolto dallo stesso Forti nel condominio di Williams Island.

Per questo motivo Dale Pike parte alla volta della Florida in possesso di una minima somma di denaro in contanti.

Il costo dei biglietti aerei dall’Estremo Oriente alla Spagna per Dale e da Ibiza alla volta di Miami per entrambi era stato pagato da Forti, su esplicita richiesta di Anthony Pike, che all’ultimo momento cambierà il biglietto decidendo di non viaggiare più con suo figlio ma di partire tre giorni dopo con destinazione New York.

Abbiamo già detto che Dale Pike atterrerà a Miami alle 16:25 del 15 febbraio.

Questa circostanza appare tra i fatti incontrovertibili. Non solo perché è oggetto di riferimenti ufficializzati in orari e tabelle di trasporto aereo, ma anche per un aspetto inizialmente negato e alla fine ammesso dal diretto interessato Enrico Forti: fu quest’ultimo a prelevare Dale allo scalo del Miami International Airport.

Da quale altro riscontro obiettivo si può dedurre questa circostanza?

Se si fa uso di massime di esperienza e di fatti notori connessi alla quasi totalità di questo tipo di situazioni, è ragionevole desumere che Dale abbia cercato il contatto con Enrico Forti non appena sbarcato (o meglio non appena poté usare il telefono dopo lo sbarco: alle 16:58) e, quindi, la ricerca tra i due sia continuata fino al momento in cui si ritrovarono fisicamente presso un check-in dell’aerostazione.

Le registrazioni magnetiche degli annunci fonici (i cosiddetti  paging records) dell’aeroporto di Miami intercorse tra Enrico Forti e Dale Pike il 15 febbraio 1998, comprovano numerosi tentativi di contatto tra i due a partire dalle 16:58 e fino alle 18:00.

Con certezza – circostanza ammessa alla fine dallo stesso imputato – Forti incontrò Dale Pike all’aeroporto di Miami in un arco di tempo che va dalle 18:15 alle 18:30.

È ragionevolmente certo, quindi, che Enrico Forti e Dale Pike fossero insieme esattamente alle 18:30 circa di quel 15 febbraio.

È certo, altresì, che alle 19:16 Enrico Forti telefonerà dal proprio cellulare alla moglie. Questa chiamata permette di individuare la sua presenza a qualche chilometro di distanza dal luogo in cui fu rinvenuto il corpo della vittima (più esattamente la spiaggia di Sewer Beach a Virginia Key, , a due miglia di distanza dal ristorante Rusty Pelikan). 

C’è un’altra circostanza certa, pesantemente certa, in questo processo: il 22 ottobre del 1997 Thomas Knott acquistò presso il negozio “Sports Authority”, nel quartiere denominato Aventura, due armi da sparo: un fucile Mossberg e una Smith and Wesson calibro .22 insieme ad altro materiale da utilizzarsi per il tiro al piattello su barca. Le armi vennero registrate a nome Knott ma il pagamento venne effettuato con la carta di credito di Enrico Forti.

Di quest’ultima arma, dello stesso calibro di quella che uccise Dale Pike, non si saprà più nulla: non sarà mai più ritrovata, anche se ricomparirà nella sola deposizione resa agli inquirenti dal tedesco Thomas Knott, secondo cui la calibro .22, nel gennaio del 1998, sarebbe stata presa dal Forti e da allora non sarebbe stata mai più restituita. Dichiarazione, questa, non suffragata da alcuna prova o testimonianza.

 

***

 

Ritengo di dover raccontare, tra le circostanze che hanno valore di obiettività, anche la dichiarazione mendace resa da Enrico Forti fin dall’inizio della vicenda. Su questo punto è necessaria una specificazione ulteriore riguardo al metodo.

Nel diritto processuale penale americano – così come in quello italiano – esiste il principio riconosciuto secondo cui un imputato ha il diritto di tacere e ha facoltà di non dire nulla che potrebbe nuocergli (i cosiddetti diritti Miranda).

Di più: secondo il diritto italiano l’imputato ha anche la facoltà di mentire, visto che la sua menzogna non attiva alcuna pretesa punitiva da parte dello Stato. La menzogna dell’imputato, in altri termini, non configura uno specifico reato ma viene evidenziata come uno strumento per difendersi e per uscire indenne dalle contestazioni penali.

È evidente che la constatazione del mendacio ascrivibile all’imputato ha effetti sul libero convincimento del giudice relativo alla sua colpevolezza.

Il contenuto è espresso in quella formula che gli agenti di polizia recitano all’atto dell’arresto: hai il diritto di tacere e, se dichiari qualcosa, quello che dichiari potrebbe essere usato contro di te per dimostrare che hai commesso il delitto.

Insomma, sintetizzando agli estremi, si può dire che se quella di mentire è una facoltà dell’imputato, uguale facoltà è quella del giudice di condannarlo prendendo quelle falsità come prova di colpevolezza, soprattutto quando il processo è indiziario.

Il quadro generale così ricostruito appare piuttosto semplice.

È evidente che la facoltà di mentire è concessa all’imputato ma non al testimone.

Il testimone ha il dovere di dire la verità: sempre.

 

***

 

Enrico Forti fu ascoltato dalla polizia di Miami dapprima come testimone, anche se la sua posizione era già quella di principale indiziato nell’indagine di omicidio, così come risulta dai report della polizia.

Accadde la sera di giovedì 19 febbraio 1998, verso le 19 quando Forti fu invitato a presentarsi al dipartimento investigativo e rese una dichiarazione spontanea (la circostanza si spiegherà meglio nel capitolo “La trappola”). Questa dichiarazione era in parte falsa, come poi ha riconosciuto lo stesso Forti e quindi oggi è annoverabile tra gli elementi obiettivi della vicenda.

Forti dichiarò di non conoscere Dale Pike, di non essere mai entrato in contatto con lui e, di conseguenza, di non averlo mai prelevato, il 15 febbraio 1998, all’aeroporto di Miami.

La dichiarazione relativa al suo incontro con Dale era manifestamente affetta da menzogna.

In quell’occasione Forti riconobbe di essere titolare della società Can Pep Tuniet, che rappresentava la proprietà spagnola dell’albergo Pikes a Ibiza con il 5% del totale. (Il restante 95% era sotto controllo di altre società offshore nelle isole del Jersey, Gran Bretagna). Le azioni della Can-Pep-Tuniet gli erano state vendute da Anthony Pike e si riservò di tornare quanto prima per comprovare questa affermazione con un supporto documentale. Forti, cosciente dell’urgenza del chiarimento, si presentò alla polizia di Miami il giorno successivo, venerdì 20 febbraio.

Aveva con sé i documenti relativi al possesso della quota del 5% dell’hotel Pikes. Però, posto davanti alle sue contraddizioni palesi, rettificò con diverse e progressive ammissioni ciò che era avvenuto in tempi anteriori e coevi all’arrivo di Dale Pike a Miami.

Enrico Forti affermava che, in effetti, era stato lui a prelevare Dale all’aeroporto.

L’idea iniziale era quella di ospitare Dale a casa sua, a Williams Island, ma la mattina del 15 febbraio era accaduto qualcosa che aveva fatto cambiare il programma.

Thomas Knott, proprio quella mattina, avrebbe parlato con Forti nelle adiacenze del suo appartamento, sul pianerottolo, e gli avrebbe comunicato di essere a conoscenza dell’arrivo di Dale Pike. (dichiarazione della segretaria che sapeva che knott sarebbe andato min aeroporto a prendere Dale)

Avrebbe proposto una sistemazione diversa per l’ospite: il soggiorno si sarebbe svolto presso un suo amico, nella zona di Key Biscayne, altra enclave che costituisce parte integrante dell’area metropolitana di Miami.

Thomas Knott avrebbe giustificato quel cambiamento di programma dell’ultima ora con la necessità di poter parlare di persona con Dale e convincerlo a non proporre azione contro di lui per la truffa ai danni del padre. * Evidenziare la preoccupazione di Knott in seguito alla telefonata ascoltata dal direttore dell’hotel Antonio Fernandez riportando le minacce di denuncia rivolte da Dale a Knott telefonicamente da Ibiza (“Se non mi restituisci i soldi che hai rubato a mio padre andrò alla Polizia) Verificare a chi Knott disse che piuttosto che finire in galera avrebbe ucciso qualcuno.

La circostanza relativa alla presenza di Knott nell’appartamento della famiglia Forti durante la mattinata del 15 febbraio 1998, non fu però confermata dalla moglie di quest’ultimo, Heather Crane Forti, che rese alla polizia numerose dichiarazioni durante l’inchiesta preliminare. In trata della porta di casanell’e piuttosto che finire in galera avrebbe ucciso qualcuno.ttore Fernandezfatti l’incontro avenne nell’atrio di fronte all’entrata di casa, come sostenuto da Forti, e quindi ci sono buone ragioni per credere che Heather non vide effettivamente Knott quella mattina.

Vedremo in che modo anche le parole della signora Heather avranno un peso notevole nel contesto accusatorio. Ma, per quanto riguarda la ricostruzione obiettiva degli avvenimenti, va sottolineato che Forti – stando alle sue dichiarazioni rilasciate alla polizia – affermerà di avere lasciato in effetti, su sua richiesta, Dale Pike nel parcheggio del ristorante Rusty Pelican e che uno sconosciuto, alla guida di una Lexus bianca, lo aveva prelevato.

Le menzogne – secondo Forti – erano nate dalla convinzione di non poter giustificare certi comportamenti che lui stesso riconosceva come ingiustificabili e dalla paura di possibili ripercussioni violente da parte di Knott.

La sera stessa di quelle ultime dichiarazioni, il 20 febbraio 1998, Enrico Forti viene arrestato dalla polizia di Miami. Stessa sorte toccherà a Thomas Knott qualche giorno dopo.

Tra i reati contestati ai due non c’è l’omicidio di Dale Pike, ma la truffa consumata nei confronti dell’incapace Anthony John Pike, anche se lo Stato afferma l’esistenza di una connessione diretta tra l’ottenimento del guadagno indebito e la consumazione dell’omicidio (la cosiddetta regola Williams).

Questa scelta investigativa e procedimentale – come vedremo – condizionerà tutto il corso degli eventi futuri e creerà situazioni in parte paradossali.

Forti otterrà il rilascio sotto cauzione e indosserà un braccialetto elettronico per poter essere individuato in caso di fuga; Knott, invece, accetterà la condanna patteggiata per truffa che sarà pronunciata davanti ad una Corte federale e diventerà cooperatore testimoniale dello Stato nel processo contro Forti. (il gioco è fatto, il pubblico accusatore assicurerà alla giustizia il truffatore Knott con il quale instaurerà un rapporto di collaborazione determinando delle crcostanze piene di dubbi e senza prove come quella di accertare la veridicità della dichiarazione di Knott che ha sostenuto che la sua pistola calibro 22 sarebbe entrata in possesso di Forti - la pistola non è stata mai ritrovata)

Quest’ultimo non accetterà alcun patteggiamento e finirà di nuovo in manette l’11 ottobre 1999.

Stavolta l’accusa è di omicidio ed è formulata così: «Per avere il Forti Enrico personalmente e/o con altra persona o persone allo stato ancora ignote, agendo come istigatore e in compartecipazione, ciascuno per la propria condotta partecipata, e/o in esecuzione di un comune progetto delittuoso, provocato, dolosamente e preordinatamente, la morte di Dale Pike».

È un fatto obiettivo, quindi, che l’accusa, accettando il racconto finale dell’imputato, lo ritenga responsabile, in modo cumulativo o alternativo, o di avere eseguito personalmente l’omicidio, o di avere partecipato all’assassinio commesso da altri o, ancora, di essersi limitato ad accompagnare Dale Pike nel luogo della sua esecuzione, con la coscienza che l’omicidio sarebbe avvenuto grazie alla sua collaborazione.

Opzione, quest’ultima, che il pubblico accusatore del processo, Mr. Reid Rubin, ha definito così: «He lead a lamb to slaughter», ossia «ha condotto l’agnello al macello».

Vedremo in che modo questa imputazione condizionerà il ragionevole dubbio.

Continua... Il ragionevole dubbio
 


7 novembre 2006