20 gennaio 2006
aggiornamento: 23 gennaio

 

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è un servizio di Albaria nato nel 1998, per evidenziare alcuni avvenimenti che corredati da immagini fotografiche potranno essere in seguito pubblicati anche sulla rivista Albaria Magazine
 

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Classi Olimpiche: Laser

A DUE ANNI DA PECHINO 2008
LA PREOCCUPAZIONE DI MACRINO
Segretario nazionale di due delle undici classi olimpiche, da oltre venticinque anni al servizio dello sport manifesta stupore per l'attività velica nazionale condotta dalla Federvela. Stanno cominciando le Olimpiadi invernali a Torino e non si conoscono i criteri di selezione dei ragazzi della vela quando mancano meno di due anni a quelle del 2008. Carente l'attività velica agonistica in Italia in proporzione ai km di costa ed al numero dei club affiliati.

Imbarcazione Laser in azione a Miami durante la Rolex Cup Preolimpica 2005.

di Dina Lauricella

A due giorni dalla preolimpica di Miami, a due anni dalle Olimpiadi di Pechino, Macrino Macri’ – segretario nazionale della classe Laser dal 1979,  – disegna un quadro a dir poco sconfortante su federazione, dirigenti e progetti.
Quanti associati conta la classe Laser in Italia?
In complesso sono 850. Il grosso risultato sta nella partecipazione juniores. Solo dieci anni fa i giovani rappresentavano il 12% degli iscritti, oggi addirittura il 52%.
E’ una grossa soddisfazione, frutto di un impegno personale, non certo di una politica federale. Ci siamo inventati un nuovo attrezzo, il 4.7, che rappresenta il settore di sviluppo e nel 2000 siamo partiti con le prime regate giovanili.
L’idea e’ nata dalla semplice osservazione dei dati. C’era una fascia di mercato morto, quella che comprendeva i ragazzini fra i 12 e i 16 anni. Piccoli atleti cresciuti con gli optimist e che, dentro quei gusci di noce, erano costretti a rimanere anche quando fisicamente cominciavano a sovrastare la barca. Al sedicesimo anno di eta’ c’era una caduta di iscritti pari al 94%.
Per far avvicinare la gente al mondo della vela bisogna smetterla di parlare di barche - che sono solo uno strumento - e bisogna cominciare a parlare di atleti. Il fine ultimo e’ il timoniere, sviluppando le capacita’ individuali la barca diventa ininfluente. E’ per questo motivo che non ci piace parlare di yachting ma di “sport della vela”: uomini, non barche.
Dopodomani a Miami comincia la preolimpica, chi vestira’ la maglia azzurra?
Non ne ho idea. E’ tutto lasciato al caso, immagino che la federazione alla fine scegliera’ qualcuno in base alla ranking list che abbiamo fatto noi. Consideri che ad oggi ci sono classi veliche che non prevedono un accumulo di punti, delle classifiche generali. Ogni regata fa storia a sé. Gli atleti, seppur bravi, si presentano alle regate senza storia né carriera. Quando abbiamo sottoposto alla federazione il nostro “sistema di accumulo punti”, ovvero la ranking list, sono apparsi tutti piacevolmente stupiti e interessati eppure non esistono ancora delle normative approvate dalla Fiv. Si va avanti per spirito d’iniziativa.
Per la federazione e per il Coni la preolimpica e’ solo una occasione per rappresentare il Paese all’estero, per quel che riguarda gli atleti interessa una persona ogni quattro anni, un eletto. E’ per questo che la considero un appuntamento inutile, che non vale niente.
La Fiv sta deludendo moltissimo. Non e’ mai stata in grado di costruire nulla in modo programmatico, inventa tutto al momento e trascura l’informazione anche dei Consiglieri.
Fra due anni ci sono le Olimpiadi e ancora non abbiamo idea di come dovremo selezionare i ragazzi. Non ci dormo la notte!
E i tecnici, gli allenatori azzurri?
Sono privi di un mandato professionale solido, hanno contratti saltuari, vengono spesso mortificati nel loro ruolo. Non e’ un caso che nella maggior parte dei casi i ragazzi preferiscono allenarsi da soli.
Parta dal presupposto che su circa 500 societa’, in Italia esistono appena 40 allenatori di circolo. Casi sporadici che puntano soprattutto sui giovanissimi dove la figura del manager e’ ricoperta dal genitore. Nel momento in cui si diventa competitivi, per ragioni soprattutto economiche, i ragazzi sono costretti a mollare a meno che non abbiano la fortuna di essere scelti dalle forze dell’ordine: Aviazione, Marina, Guardia di Finanza. Considero una manna dal cielo il rapporto tra lo sport e le Forze Armate, la Federazione non e’ in grado di fornire un processo formativo, non esiste un progetto, lo chiediamo da anni.
Allora qual e’ il ruolo dei circoli?
Servono solo a dare voti e a rinforzare i consensi. C’e’ un rapporto di servilismo arcaico con i vertici della federazione.
La vela vive di appassionati, giudici, club e giovani ma la Federazione sembra andare in tutt’altra direzione. I quadri dirigenti, a tutti i livelli, regionale e nazionale, spendono il 70% del loro tempo a studiare un modo per “proteggersi la coda”: chiedere consensi per non avere nemici. Nessuno e’ ostile alla federazione ma di fronte a certi fatti cadono davvero le braccia. Cio’ che avviene nella politica e nell’impresa purtroppo avviene anche nel mondo dello sport.
Sta descrivendo un quadro di totale anarchia.
Non e’ anarchia, parlerei piuttosto di mortificazione dell’atleta. Manca attenzione al progetto e una comunicazione attiva. Basta andare sul sito della Fiv per capire quanto siano antichi sia sotto il profilo tecnico che su quello dei contenuti. Non parlano mai degli atleti, dei loro sforzi, sogni e sacrifici. Bisognerebbe mettere in primo piano la goccia di sudore, far diventare i nostri atleti dei beniamini per i piu’ giovani. Se non sai creare sogni non vai da nessuna parte.
Purtroppo anche quello della comunicazione e’ un problema che riguarda tutto il mondo della vela. Spesso quando si prende in mano un giornale di settore si avverte l’odore della muffa, di qualcosa di vecchio. Semplici cataloghi di oggetti, foto di barche sfarzose o ipertecnologiche pochi volti di atleti. Ma scusate, alla gente piace Valentino o la Yamaha? Il successo sta nella passione, nel sogno di potersi immedesimare con i campioni. I nostri giornalisti invece, con qualche addetto stampa in testa, le emozioni le spengono, si guardano bene dal parlare degli esseri umani e delle loro storie. Eppure alcuni di loro, insieme a me, un tempo ci credevano!