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    Prima Pagina è un servizio di Albaria per evidenziare alcuni avvenimenti che corredati da immagini fotografiche
    potranno essere in seguito pubblicati anche sulla rivista Albaria Magazine 
     
      
      
      
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    L'OPINIONE
    di Germano Scargiali 
     
    Porti turistici in un mare di contraddizioni. 
    ALLA RICERCA DI SOLUZIONI CONCRETE 
     
    E' difficile dubitare sullimportanza che lo sviluppo del turismo nautico potrebbe
    avere per il Meridione e la Sicilia. Eppure, sotto gli occhi di tutti, rimane il notevole
    empasse in cui versa il settore. 
    Tutto si è detto, ma anche il suo contrario, sullargomento, che risulta difficile,
    al pari di tante altre realtà nelle quali i problemi tecnici si accompagnano a quelli
    economici, politici ed umani, in un contesto sociale, che è il risultato di mille
    esperienze passate, in unarea geografica dove mille popoli si sono alternati. A
    volte, tuttavia, sembra che Greci e Bizantini abbiano lasciato le tracce maggiori. 
    Queste premesse appaiono necessarie perché riteniamo che lunico modo di ragionare
    sul problema dei porti sia quello di procedere per "flash" successivi e, se
    possibile, progressivi sotto il profilo logico. 
    Ci proveremo, poiché il semplice mutare di un personaggio, o lo spostarsi di pochissimi
    chilometri, a volte di poche centinaia di metri, nella nostra frastagliatissima realtà,
    fa mutare i presupposti logici e logistici del discorso. 
    1) Lungo le coste italiane, la legge è "disuguale per tutti". Ogni Capitaneria
    di porto emette la propria ordinanza ed, in conseguenza del fatto che la costa ed il mare
    differiscono di luogo in luogo, ognuna di esse può differire anche notevolmente
    dallaltra. Enorme è il potere che, di diritto e, di fatto, le Capitanerie
    esercitano con 
    una libertà così piena che, quasi sempre, degenera nellarbitrio. La sconfinata
    "prudenza" nel concedere i permessi, da parte delle Capitanerie, è uno dei
    massimi ostacoli che si sono frapposti fra la necessità e la volontà di costruire porti
    ed approdi turistici e lattuale carenza. 
    2) A posteriori, quando si parla di mancanza di porti turistici nel sud si addita la
    mancanza d'imprenditorialità. Ciò, che poterebbe essere verosimile, costituisce invece,
    un falso storico bello e buono. Quando, in provincia di Palermo, di Catania, di Siracusa,
    di Trapani o di Agrigento, sono stati più volte predisposti progetti e reperiti 
    i fondi per finanziarli da parte di imprenditori intraprendenti, questi ultimi hanno avuto
    modo di pentirsene, rimettendoci anche le spese progettuali. Le Istituzioni pubbliche, i
    comitati di paese o di quartiere, le solite Capitanerie, hanno opposto veti ufficiali, 
    imbastito resistenze passive, basate prevalentemente su silenzi e mancate risposte entro,
    ed oltre, il reato di omissione datti di ufficio. Altri soggetti interessati hanno
    provato allora a sollecitare inviando lettere di protesta e via dicendo, ottenendo l'unico
    risultato di vedere tutto bloccato. 
    3) Esistono poi opposte opinioni, che contrastano la nascita dei porti: i verdi li
    ritengono lesivi della tutela del paesaggio e gli ecologisti li giudicano inquinanti, i
    pessimisti li giudicano antieconomici, gli ottimisti troppo lucrosi e fonte di facili
    guadagni.  
    4) In Sicilia, la Regione non ha mai indicato con quali modalità intenda assegnare le
    possibili aree del demanio marittimo, sul quale ha avuto assegnati i più ampi poteri. 
    E come se fossimo proprietari di un bene di immenso valore e non curandoci di darlo
    in affitto, rinunciassimo così agli enormi guadagni che se ne potrebbero trarre. 
    5) Cè chi ritiene poi indispensabile la presenza dello Stato (lunico
    responsabile del "nulla", o quasi, esistente) in questo settore, e chi sostiene
    invece che lo stato debba solo concedere e controllare, rimanendo quanto più possibile
    fuori dalla gestione, da iniziative e simili. 
    6) Altri vedono di buon occhio la presenza delle cooperative, delle associazioni no profit
    e, persino, delle nuove "onlus" (ma che centrano?) ed altri, al contrario,
    accusano le realtà no profit di essere una pura ipocrisia, un inganno allo stato, al
    fisco e alla stessa morale, ritenendo che di "profit" deve trattarsi, come per
    ogni altra libera attività in campo turistico ed imprenditoriale. Dovrebbero, allora,
    essere "no profit" anche gli alberghi? 
    7) Cè chi sostiene sia immorale che privati gestiscano beni pubblici traendone
    profitto, e chi fa notare che lunico problema è piuttosto quello di stabilire
    canoni demaniali adeguati. Cosa che il Governo spesso ha già saputo fare, laddove,
    nonostante tutto, sono nati i porti e gli approdi turistici. 
    8) Cè chi afferma, sia in Sicilia che fuori, ad esempio a Milano (vedi la rivista
    Vela e Motore), che nel Meridione, Sicilia compresa, non vi siano porti turistici. Non è
    vero: al recente 3° Salone nautico di Genova, la Sicilia ha presentato, presso il proprio
    stand regionale e nel corso di un riuscitissimo convegno, lAssopat (associazione
    porti ed approdi turistici) costituito da otto porti, guidati dal Marina di Villa Igiea e
    da Portorosa. Quando la Liguria ne ha presentati solo 7, riuniti in associazione non
    ancora regolarmente costituita dal notaio. 
    9) Cè chi sostiene che di porti turistici non ve ne sia quasi nessuno e chi
    sostiene che ve ne siano già troppi, chi sostiene che si possa risolvere il problema
    attrezzando lesistente e chi sostiene che solo costruendo da zero dei veri porti
    turistici si possa battere la concorrenza straniera (che è fortissima). 
    10) Cè chi sostiene infine la necessità di costituire unagenzia nazionale
    "per i porti turistici", sotto la guida del Governo, e cè chi sostiene al
    contrario che debbano moltiplicarsi le attuali associazioni regionali o di zona,
    collegandole con una associazione di secondo e più alto livello, che sia il risultato di
    un'opera "dal basso", portata avanti dagli imprenditori del settore: gli unici
    in grado di conoscere la realtà di una problematica tanto nuova ed inedita, come quella
    del turismo nautico. Non dimentichiamo che le normative in vigore non sono chiare, e che
    solo la "Legge quadro" afferma sommariamente che anche il turismo nautico è
    "turismo". Tale assunto viene tutt'oggi negato e a volte dichiaratamente, altre
    velatamente, ignorato dalla Pubblica Amministrazione. 
    Concludendo, cè un filo logico fra tutte queste contraddizioni? Forse ce nè
    più di uno. Si possono trarre delle conclusioni in grado di indicare le vie da
    percorrere? 
    Nonostante tutto, crediamo di si. 
    La salvezza può giungere, principalmente, per due strade. 
    1) La sana imprenditorialità individuale, che già sta emergendo in questo settore, il
    quale si profila, finalmente, remunerativo in modo adeguato. 
    2) Linvasione silenziosa e, a volte, chiassosa, dei turisti nautici lungo le nostre
    coste. Che lo vogliamo o no il turismo nautico, lo yachting, ha iniziato a raggiungerci in
    modo massiccio, un pò come i barbari calarono dal nord e dall'est sull'impero romano e
    nessuno potè fermarli. Un pò come gli extracomunitari sbarcano dal mare o sfondano i
    confini dell'Italia e dell'Europa e nessuno potrà fermarli. Anche perchè, nonostante
    tutto, abbiamo bisogno di loro, delle loro braccia, delle loro menti, e persino della loro
    cultura e della loro civiltà. Nel caso dei turisti nautici, nessuno dubita che abbiamo
    bisogno di loro, come di ogni altro turista. Specie dalle nostre parti.  |