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Da La repubblica del 26 gennaio 2002

Dall'Ars accuse all'Autorità portuale: "Gestione impropria" D'Antoni e Orlando, Borzacchelli del Cdu, Forgione di Prc ed esponenti di Forza Italia. Tutti assieme si rivolgono al governo

Scontro sugli approdi turistici
di Francesco Viviano

I porticcioli turistici dell'Aquasanta e dell'Arenella, e quello che è ancora sulla carta, Sant'Erasmo, hanno improvvisamente attirato l'attenzione di alcuni parlamentari regionali, della maggioranza e dell'opposizione. Un'interrogazione parlamentare «trasversale» dichiara guerra all'Autorità portuale di Palermo (il vecchio Ente porto) accusandola di esercitare una competenza impropria sui tre approdi che ospitano oltre un migliaio di barche da diporto e da pesca, incassando i relativi canoni di concessione demaniale. Soldi che, secondo l'interpellanza parlamentare, dovrebbero invece finire nelle casse della Regione siciliana e dell'amministrazione comunale. E sulla base di quest'interpretazione è stata presentata una interpellanza al presidente della giunta regionale e agli assessori al Turismo e al Territorio nella quale si chiede di «attivare tutti gli strumenti giuridici possibili per ottenere la tempestiva formale restituzione» di questi porticcioli. Il documento, primo firmatario Antonio Borzacchelli (Cdu), è stato sottoscritto da uno schieramento trasversale, da Leoluca Orlando a Dore Misuraca (Forza Italia), da Francesco Forgione (Prc) a Francesco Scoma (Fi), da Giovanni Ferro (Primavera siciliana) a Sergio D'Antoni.
Il primo a essere chiamato in causa è Francesco Cascio, assessore regionale al Turismo, sollecitato a destinare «almeno 24 milioni di euro per le opere di miglioramento funzionale, manutenzione straordinaria, riqualificazione ambientale e completamento delle strutture portuali dell'Arenella e dell'Acquasanta, per la evidente necessità per il capoluogo di urgentissimi interventi per il miglioramento dei servizi nautici e dell'offerta turistica, al fine di dotare Palermo di moderne ed efficienti strutture per un turismo di qualità ed individuando per questi scali quale beneficiario finale il Comune e non l'Autorità portuale di Palermo».
I parlamentari rilevano che l'Autorità portuale avrebbe acquisito competenza sulle aree in questione «senza il necessario parere del Comune di Palermo e della Regione siciliana, con provvedimenti emessi quando ancora la Regione non esercitava la competenza sul demanio marittimo, sul quale per statuto ha competenza esclusiva dal 1977». Peraltro - sostengono gli interpellanti - l'Autorità portuale avrebbe applicato «canoni notevolmente più elevati di quelli previsti dalle normative, non agevolando in tal modo lo sviluppo e l'incremento della nautica da diporto e del turismo nautico ed occupandosi di fatti non coerenti con le finalità legislative e con le sue competenze».
Insomma, una vera e propria denuncia di gestione illegittima dei tre porticcioli che comprende anche quello di Marina di Villa Igiea, il cui assetto societario è cambiato proprio in questi giorni. Il nuovo presidente è Gioacchino Guccione, che gestisce anche il porticciolo di Capo Gallo. Per Guccione il canone per la concessione demaniale di Marina di Villa Igiea (180 milioni di lire l'anno), contrariamente a quanto si paga negli altri porti siciliani, è notevolmente superiore. «Un costo che incide molto - afferma Guccione - che condiziona l'azienda e che potrebbe mettere a rischio anche posti di lavoro. E a prescindere da quale sarà l'autorità che avrà competenza sulla gestione delle aree demaniali è necessario che la pubblica amministrazione contribuisca a sostenere le imprese e i lavoratori, sia diretti sia quelli dell'indotto, e provveda alla sicurezza delle infrastrutture portuali».
L'approdo di Marina di Villa Igiea, il più grande della città, ha sempre avuto una storia molto movimentata, anche dal punto di vista della gestione demaniale. Alcuni anni fa, infatti, dopo le guerre tra i pescatori dell'Acquasanta e la società Marina di Villa Igiea, si raggiunse un accordo con la concessione di alcuni pontili ai pescatori e ad una associazione di diportisti. La competenza era dell'allora Ente porto che in quella fase passò la mano all'amministrazione comunale che, inspiegabilmente, abbandonò la gestione riaffidandola all'Autorità portuale.