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Prima Pagina è un servizio di Albaria per evidenziare alcuni avvenimenti che corredati da immagini fotografiche potranno essere in seguito pubblicati anche sulla rivista Albaria Magazine

 

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Albaria Magazine
Pubblicazione iscritta il 26/03/1983 al n.10 del Registro della Stampa presso il Tribunale di Palermo Direttore:
Vincenzo Baglione
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Viaggi: Storia di un viaggio
IN SICILIA PER CASO
Eccomi a preparare le valigie. Fra non molto nel golfo di Mondello si terrà la 14° edizione del windsurf world festival e questa volta voglio esserci per tutta la durata della manifestazione. Pensare che fino ad un anno fa non conoscevo neanche la Sicilia e poi ecco il colpo di fulmine per una terra viva e affascinante. Ma andiamo con ordine. Volete sapere perché mi piace tanto questa regione e volete anche sapere cosa é il Windsurf Festival? Ora vi racconterò la mia storia...........
di Vinny Scorsone foto di Salvo Veneziano

viasici.jpg (14867 byte)LA STORIA
Fino a qualche giorno fa ero nel mio bell’ufficio di Torino a sbrigare pratiche, quando è arrivata una telefonata: “Si è liberato un posto, vieni?”
Ed eccomi qua su questo aereo con direzione Palermo. In verità non volevo partire, la meta non mi attira molto ma ho pensato: “tra lo stress e la Sicilia, proviamo la Sicilia! Ehi! quello laggiù è il mare, siamo quasi arrivati. Però! ... Il panorama non è male: golfi, monti, un isolotto...”. mondellomare.jpg (25736 byte)
Questo è quello che pensavo durante il viaggio, la primavera scorsa, quando i miei amici mi invitarono a seguirli in quell’ isola a me sconosciuta. Appena scesa dalla scaletta dell’aereo mi sentii investire da un profumo intenso, una ventata di idrogeno e ossigeno, era il profumo del mare capace di aprirti il cuore, la mente, il respiro. Non c’è di che stupirsi: difatti l’aeroporto si trova molto vicino la costa e così capita che la natura ti saluti sia quando parti che quando arrivi. Chissà, forse l’hanno costruito lì per questo. Fatto sta che quello fu il mio primo impatto con questa terra e da allora è stato un continuo crescendo di sorprese.

Ancora oggi non mi spiego perchè, invece di andare subito a Palermo, abbiamo fatto un altro giro, ma di sicuro so che ne è valsa la pena.
Dall’aeroporto ci siamo allontanati verso Trapani, percorrendo la statale.
Seguendo opportune stradine, siamo arrivati su una lunghissima spiaggia sabbiosa con dune e vegetazione tipicamente mediterranea. Il mare era azzurrissimo e invitava a raggiungerlo. Preferimmo proseguire e ci addentrammo in un paese ricco di murales e sculture, Balestrate.
Procedendo arrivammo a Castellamare, antico borgo medievale, dove decidemmo di fermarci per il pranzo a casa di un amico: bel ragazzo, alto, sguardo intelligente e pronto alla battuta. Passammo il resto della giornata lì facendo un bel giro in barca a contatto col trasparente e accecante elemento acqueo. Alla nostra vista si presentarono pareti rocciose che scendono sul mare, scavate dall’incessante vento e dall’impeto furioso del mare d’inverno. Ci trovammo così a visitare grotte marine, a tuffarci nelle acque della riserva dello Zingaro,ricco di tesori biologici.
Ritemprati dalla stanchezza del viaggio, il giorno dopo, ci rimettemmo in cammino anche perché il tempo a nostra disposizione era poco e le cose da vedere e da fare erano tante. Il nostro ospite ci accompagnò a vedere, a suo dire, un vero spettacolo di natura e storia umana. L’unica cosa che allora sapevo é che stavamo addentrandoci tra le montagne in posti in cui non si incontravano né cancelli, né barriere, né persone, ma strade e percorsi che seguivano il naturale andamento geologico. Le classiche strade che ti invogliano ad andare a cavallo o a fare una gita in bici.

viasicil.jpg (14901 byte)Dopo aver superato parecchi piccoli agglomerati rustici, che sembravano delle vere case coloniche dalle quali a volte si affacciavano timidi campanili, giungemmo a Segesta. L’incontro con il tempio, che solo e possente si erge nella sua interezza nell’immensità del paesaggio, confesso che mi lasciò sbigottita. Strana costruzione con strane colonne, uniche nel loro genere perchè prive di scanalature. Colazione al sacco, visto che il sole era ancora alto, ci avventurammo in un una performance di trekking e salimmo al teatro; piccola cavea che si “apre” sull’estesa vallata. Ispezionammo tutta la zona, ricca di testimonianze archeologiche. Quando scendemmo per tornare alla macchina, si era già imbrunito il cielo e le luci del tempio erano accese. Solitario gigante splendente tra il “mare” bruno delle colline, era come aver fatto un salto nel tempo, c’eri solo tu e la civiltà era lontana migliaia di chilometri nello spazio e nel tempo.Si era già fatta sera e il nostro ospite ci invitò a fare ancora qualche chilometro, convinto che poi lo avremmo ringraziato. Ci mettemmo in cammino verso Trapani. Credevamo che avremmo passato la notte lì e invece ecco che, arrivati alle porte della città, il nostro amico cambiò improvvisamente strada e salimmo, salimmo sopra una montagna. Eravamo giunti a Erice. La mattina successiva, spalancando la finestra della nostra camera d’albergo, ci trovammo davanti uno spettacolo bellissimo: si vedevano il mare, Trapani, le saline, le Egadi, la spiaggia di San Vito. Dall’alto del monte, che é anche sede di un importante centro studi per la fisica, dominavamo tutta la costa. Avevi voglia di lanciarti con un deltaplano giù fino ad arrivare, dopo aver volteggiato tra cielo e nubi, a toccare terra. Il tiepido sole aveva diradato la nebbia e il paese ci appariva in tutta la sua poesia. Quanta gente, soprattutto stranieri, affollava le stradine. Cortili fioriti, splendide chiese e anche un castello a strapiombo sull’infinito. Approfittammo dell’occasione e ci tuffammo nel couscous, nelle granite alla mandorla e nel meraviglioso universo della pasticceria siciliana Avrei voluto stare lì ancora. Tornammo a viaggiare e finalmente giungemmo a Trapani, piccola città vivibile, circondata dal mare da tre lati, che sente il mare a tutti i costi. Passando vicino o lontano dal porto c’erano mare, banchine, pescatori in una realtà che ci appariva sospesa tra modernità e arretratezza. Ci venne in mente che in quella zona, a Marsala,c’erano le cantine Florio, le famose saline e l’isola di Mozia, che si dice sia raggiungibile a piedi dalla terraferma, così ci facemmo accompagnare in quei luoghi. Avevo sempre visto nelle riviste i famosi mulini del sale. Costeggiando il litorale queste costruzioni sembravano elevarsi sul nulla; sotto il mare, sopra il cielo. Anche le persone sembravano camminare sulle acque. Poi scoprimmo che la nostra non era stata solo un’impressione infatti lì l’acqua é veramente bassa per moltissimi metri e le sabbie del fondale marino sono a tratti caldissime. Ci dissero che quello era lo “Stagnone”, spettacolare zona marina protetta da alcune isole che chiudono il golfo, dove la tranquillità e la natura sono (quasi) padrone. Restammo lì per la cena. Decidemmo di fermarci anche per la notte.
mondello.jpg (21310 byte)La scoperta di questa terra mi appassionava sempre più. Partimmo la mattina presto verso la valle del Belice, colpita dal terremoto del 1968 e che ancora oggi porta le tracce di quei tragici momenti.
Il territorio si presentò collinoso, dolce, coltivato a grano, viti e ulivi. Ogni tanto una casa isolata. Ci fermammo a Gibellina, città distrutta e oggi ricostruita in altra sede. Città vuota, fantasma dove non si incontra nessuno. Una grande stella ci accolse. Ci mettemmo alla ricerca delle opere monumentali di Uncini, Pomodoro, Paladino, Cascella, Consagra...e scoprimmo che essendo un paese tutto nuovo é uguale a se stesso in ogni sua parte. In questo modo, pur sembrando di essere sempre allo stesso punto, si scoprivano luoghi sempre diversi. Dopo tanti giri ci accorgemmo che all’appello mancava il Cretto di Burri. Uscimmo così dal paese e ci incamminammo per stade sinuose, dalle quali ogni tanto il suono di un trattore o il belare di un gregge, si levava e ci raggiungeva. Quando ecco ci apparve all’improvviso, tra case diroccate, l’enorme massa bianca in blocchi di cemento che “colava” giù da una collina. Era lui, l’avevamo trovato.Trovammo il cretto, con le sue strade e i suoi percorsi , interamente “aggredito” dalla natura. In quel territorio nato come cimitero spirituale del vecchio paese, risorgeva la vita. Dopo aver percorso a piedi e col fiatone l’opera, tornammo in macchina e proseguimmo per Palermo. Un colpo d’occhio notevole. Chilometri di giallo, verde, rosso; tappeti d’erba che come il mare, si muovevano col continuo spirare del vento, e tra questo “mare” alberi solitari, rocce, gruppi di case, monasteri logorati dal tempo. Man mano che ci avvicinavamo a Palermo il paeseggio cambiava, a destra montagne rosse, a sinistra lo scintillio del mare leggermente increspato dalla brezza primaverile. Riconobbi l’isolotto che avevo visto dall’aereo, e mi accorsi della presenza di una torre di avvistamento. Il nostro ospite ci informò che eravamo giunti a Isola delle femmine, che quella costruzione diroccata faceva parte di un fitto sistema di controllo e difesa delle coste risalente ad epoca saracena, anche se quell’edificio in particolare risaliva al 1600 circa e che presto saremmo giunti nel capoluogo. Dopo la tranquillità e la bellezza dei luoghi appena visitati, l’impatto con la città fu traumatizzante. Traffico, caos. Palermo si rivelava senza dubbio una città strana, multietnica. Nobile signora decaduta che cerca di mantenere un aspetto signorile con l’orgoglio delle proprie radici. Di Palermo una cosa l’ho capita: é un’isola nell’isola. Tante culture diverse, dalla normanna all’araba, dalla tedesca alla spagnola e dall’africana alla filippina, vivevano e vivono oggi come ieri nel suo tessuto urbano. Però che strano, nel mio immaginario Palermo non era mai stata una città tanto piena di verde, colori e vita, soprattutto notturna, tanti locali, tanta gente. Dopo una giornata passata a fare il tradizionale giro turistico che comprendeva le chiese, il lungomare, i secolari ficus avvolgenti, la cattedrale, il teatro Massimo , vicoli e vicoletti con i mercati dai mille suoni, profumi e colori, il percorso delle antiche ville dei colli, il parco della Favorita, i palazzi nobiliari e il duomo della vicina Monreale. Il nostro amico ci portò a Mondello che ci spiegò essere stato un borgo marinaro poi residenza d’élite all’inizio del secolo, con splendide ville liberty, e ora rinomata località balneare. Ci andammo da Montepellegrino, dominatore buono della città, dove visitammo il santuario di Santa Rosalia, scavato nella roccia le cui stalattiti sembrano le ali di migliaia di Angeli... La strada panoramica che percorre il monte permette una visione spettacolare del golfo di Mondello. Fu in questa cornice calda e dai colori intensi che vedemmo il mare solcato da mille vele e, sulla spiaggia, aria di festa. Arrivati al piccolo borgo fummo investiti da una grande folla, canti, musica, sports e allegria. Mi spiegarono che era in corso il Windsurf World Festival, il giorno tanto sport, competizioni, la notte spettacoli. Non ci facemmo scappare l’occasione. Ci tuffammo nella mischia tra il calore della festa.
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Una settimana ricca di appuntamenti come: tornei di beach volley, regate veliche, traversate in canoa e poi concerti in spiaggia e la coinvolgente regata notturna conclusasi con i giochi pirotecnici. Conoscemmo diversi atleti provenienti da molte parti del mondo che ci raccontarono di essere stati accolti con grande cortesia e professionalità dall’Albaria windsurfing Club che si occupa da sempre della manifestazione. Erano entusiasti e ci dissero che per loro l’organizzazione aveva pensato anche a dei giri turistici, e che erano stati alloggiati nei migliori alberghi. Entrammo nello Stabilimento balneare in stile liberty che, come una palafitta, si trova proprio a mare ed è la base logistica dell’intera manifestazione. L’edificio appena restaurato si offriva a noi in tutto il suo spendore. La strada antistante era arredata ad area pedonale aperta al pubblico e con stands espositivi. Ci sembrò di essere stati catapultati nel paese dei balocchi. In quella cornice mi ricordo di aver pensato che avevo fatto proprio bene a scendere in Sicilia.
LA FINE
Credo di aver preso tutto compreso il biglietto dell’aereo. Tra qualche ora sarò a Palermo e questa sera, in compagnia dei miei amici, mi troverò al belvedere di Montepellegrino dal quale, nel buio della notte, le stelle del cielo sembrano fondersi con il luccichio delle lampare in mare. Nel silenzio della sera i grilli cantano e la città risplende con le sue tante luci. Ho ancora tanto da vedere e tanto da scoprire: Taormina, Catania, Agrigento. La Sicilia é grande ma io ho il tempo che mi basta.